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Da due mesi la pandemia ha bloccato l’Italia. Abbiamo chiesto ad alcuni cittadini come stanno affrontando questo lungo periodo di isolamento.

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L’avvocato Loretta pone l’attenzione su una cosa sorprendente: “Qualcuno si limita a scrivere un WhatsApp chiedendoti come stai. Pochissimi quelli che ti telefonano, che anche la voce trasmetta il virus? La realtà è che abbiamo poco da dirci. Cosa stai facendo. Sono a casa. Ti rendi conto che parlare diventa superfluo. Non ci comunichiamo nulla di nuovo, di concreto, del vissuto quotidiano tendenzialmente piatto, che dia un senso e vivacizzi la conversazione, che, di fatto, non c’è più.” Sembra che la gente si sia chiusa in tutti i sensi “non solo fisicamente in casa ma anche psicologicamente, ognuno di noi con i propri pensieri e preoccupazioni che non sono poche. La situazione presente è che non conosciamo il domani, previsto come triste e molto preoccupante sotto tutti gli aspetti, economico per primo, ma non lo vogliamo ammettere.” Con la vita frenetica di prima non c’era tempo per niente. La pandemia ci ha costretti a vivere in un modo diverso da quello cui si era abituati che “per certi versi ha avuto anche dei lati positivi, come l’opportunità di leggere un libro, andare alla ricerca e ordinare le foto dei genitori, dei figli o nipoti ancor piccoli o in occasioni più recenti, fare alcune di quelle cose che ti eri promesso di fare ma che avevi sempre rimandato. Rimanere a casa cogliendo l’opportunità di parlare con i familiari sedendosi a tavola insieme.” Non sempre è così: “Stare gomito a gomito ha per contro inasprito certe situazioni che potranno portare alla separazione o, stante la situazione economica divenuta precaria, alla convivenza forzata sotto lo stesso tetto, di fatto separati.” Per la Micheloni il futuro sarà diverso da quello che abbiamo vissuto fino adesso. “Dobbiamo cambiare il modo di vivere riconsiderando certi valori. Ci siamo resi conto che tutto serve ma nulla è indispensabile. Si può vivere anche in assenza di certe cose riconsiderando quelle apparentemente piccole ma essenziali. Occorrerà reinventarsi la vita.”   

Don Franco, parroco nel bresciano, pone l’accento sul fatto che è venuto a mancare il rapporto sociale, stare assieme. Tante persone sono in difficoltà. Le mamme hanno problemi sottolineando “come facciamo ad andare a lavorare con i figli a casa da soli?” Con i bambini del catechismo “abbiamo sempre fatto parecchio, recite, rappresentazioni nel periodo pasquale. In maggio erano programmate le comunioni e le cresime. Ma, da fine febbraio, tutto è sospeso fino a data da destinarsi. Compresa la Santa Messa; posso capire la domenica, ma nei giorni feriali, rispettando tutte le precauzioni del caso, si sarebbe dovuta celebrare. Invece è stato chiuso tutto. Vedremo come si riprenderà. Trovarsi con le persone è importante e non poterlo fare per un mese è sopportabile, oltre diventa molto pesante per non dire insostenibile.” Sul futuro non c’è nessuna idea. “I parrocchiani vedono il buio. La gente ha davanti una sorta di nebbia e non sa come ci si dovrà comportare. Speriamo nel vaccino.” Sottolinea don Franco anche i desiderata dei bambini e dei ragazzi emersi da un sondaggio: rivedere i nonni e gli amici, giocare all’aria aperta, mangiare il gelato, partire per una vacanza, tornare a scuola, un’aspirazione insospettabile fino a qualche tempo fa.”

Francesco, medico di base in provincia di Verona, avverte una certa ansia nei pazienti peraltro vissuta anche dagli operatori sanitari in generale. “Siamo di fronte ad un qualcosa di nuovo che ha cambiato improvvisamente la maniera di vivere. Cerchiamo di mantenere contatti ravvicinati nel tempo con gli anziani che sono i soggetti maggiormente a rischio recependo le loro richieste motivate dalla paura del virus. Ai giovani si fa più fatica a far passare il messaggio di stare a casa.” La mancanza di vicinanza con le persone care ha conseguenze “dal punto di vista psicologico.” I medici di base continuano a seguire regolarmente i pazienti negli ambulatori pur consigliando un contatto telefonico in caso di presenza dii tosse, febbre o altri sintomi potenzialmente riconducibili al contagio. “Il virus ha così tante sfaccettature che risulta anche difficile formulare una diagnosi. Da qui l’importanza della conoscenza del paziente.” Per il futuro “è importante che la gente capisca che il problema c’è, che andrà avanti ancora per parecchio tempo e che va affrontato con tutte le cautele del caso per non danneggiare gli altri e se stessi. Sperando di avere a disposizione quanto prima un vaccino.”

Marta, pediatra del territorio veronese, evidenzia “per fortuna nell’ambito delle gravidanze e dell’infanzia non abbiamo la preoccupazioni sanitarie gravi come quelle che riguardano adulti e anziani.” Cosa manca di più? “Il contatto sociale fra colleghi e con i pazienti, con i quali poter parlare più a lungo per spiegare le cose o confrontarsi.” E’importante intervenire sul sintomo ma è fondamentale la prevenzione “con visite periodiche, un follow up del paziente, sospeso in questa fase che bisognerà riprendere quanto prima.” Ci viene segnalata la speranza che da questa situazione si impari a selezionare i livelli di assistenza minimi da garantire sempre. “Sarebbe importante per i genitori darsi una mano l’un l’altro, il confrontarsi, tenersi compagnia utilizzando anche il web, WhatsApp o altri mezzi tecnologici. Prossima è la preoccupazione pratica e concreta per la gestione dei figli che con tutta probabilità non potranno frequentare il Grest o partecipare ad altre attività in estate.” La specialista con uno sguardo al passato nutre tanta speranza per il futuro, “La nostra gente è sopravvissuta alle guerre, ai campi di concentramento e ne uscirà anche questa volta. L’umanità ha una capacità di rielaborazione superiore alla nostra immaginazione. Ritengo tuttavia che sarà un futuro diverso caratterizzato anche da nuovi modi di rapportarci.”

Rachele, insegnante in una scuola primaria del bresciano, visto l’interesse manifestato dai suoi scolari di imparare a scrivere utilizzando la posta elettronica, ha proposto loro di comporre un testo dal titolo “A casa per il Coronavirus…” Ha ricevuto pezzi molto toccanti, alcuni dei quali visibili nelle immagini inserite, “che mi hanno colpita molto positivamente. Esprimono il vissuto dei bambini in questo periodo e la loro nostalgia di scuola dove desiderano ritornare per abbracciarsi stretti, stretti, prendendo coscienza di quanto sia importante come momento ludico, formativo e di socializzazione.” Il fatto di seguire più da vicino i figli “ha portato anche molti genitori a rendersi conto del lavoro che facciamo.”

Cristina insegna in una scuola primaria del veronese. “In questo periodo di chiusura a causa della pandemia attraverso una lavagna virtuale abbiamo assegnato i compiti ai nostri scolari, inserito video, canzoncine in inglese mettendoci anche a disposizione delle famiglie per approfondire alcuni argomenti tramite videochiamate o chat.” Avverte nella videolezione una didattica un po’ fredda che potrà integrare ma non sostituire in futuro quella tradizionale “che permette di instaurare un rapporto empatico con i bambini dove c’è anche l’immediatezza dell’incrociare i loro occhi, vedere le loro espressioni costruire assieme a loro le lezioni.” Anche qui “mancano i compagni, i momenti della ricreazione, le stesse maestre che si arrabbiano, il clima della lezione. Stiamo vivendo un silenzio che in certi momenti fa quasi paura.” La scuola cambierà “in questo periodo di riflessione si è visto cosa funziona e cosa bisogna ritoccare.” Per il futuro “ci sarà un recupero dei rapporti interpersonali, degli affetti. Si è riusciti a ripensare alle amicizie e a riconsiderare tanti altri aspetti della vita. Mi aspetto un ritorno alle emozioni, rivedere l’umanità.”

Giulia è un’artista, attrice diplomata all’Accademia di Arte Drammatica e formatrice. Anche lei come tutti i colleghi è ferma fino a data da destinarsi. “Il blocco dell’attività ci ha divisi in due, da una parte chi si è adagiato alla situazione di forzata chiusura, dall’altro, come la sottoscritta, che ha deciso di sperimentare nuove forme artistiche utilizzando le tecnologie e i social. Mi sono inventata cose che propongo sulla mia pagina facebook “Esubera”. Sto lavorando più di prima.” Manca il pubblico “è scontato però è così. Io parto dal concetto che è importante valutare su cosa vuoi mettere l’attenzione. La metti su quello che non hai o non è meglio su quello che hai!” Dal punto di vista personale “ci siamo trovati di punto in bianco in questa situazione. Chi non ha figli può godersi la lettura o tante altre cose. Io mi sono ritrovata mamma H24 di una bambina piccola con tutte le conseguenti necessità per cui faccio fatica a trovare del tempo da dedicare a me stessa.” Giulia si immagina un futuro diverso in cui occorrerà mettere in atto altre strategie. Eravamo “fuori” e adesso siamo ritornati “dentro” con tutte le declinazioni possibili ai due concetti. Noto un atteggiamento di maggior ascolto e vedo con piacere anche tanta solidarietà che non può che portare del bene. Al pari della riconsiderazione del nostro pianeta che stava esplodendo.”

Ansia, paura, tensione stanno accompagnando le giornate degli italiani in questa lunga fase di isolamento sociale che rischia di esplodere. Le giornate ma soprattutto le notti stanno diventando sempre più il nostro incubo. Ormai non si dorme più. Poi viene il giorno, cosa cambia rispetto ai giorni passati! Chi è costretto a stare in casa deve impegnarsi a trovare delle soluzioni per passare il tempo. Quanto ne abbiamo a disposizione non ce ne siamo mai accorti. C’è chi si dedica alla lettura di un bel libro, chi scrive, che si dà ai fornelli per cucinare cose sperimentate o improvvisate secondo l’estro del momento. Spesso il pensiero torna però là. Sull’incerto futuro che verrà. Come sarà, al momento nessuno lo sa. C’è chi lo immagina con mascherine e guanti, con in tasca gel igienizzanti per ogni evenienza, da usare ad ogni emergenza. Cambierà la nostra società. “Tutto andrà bene” ci viene assicurato. Così fino ad ora non è stato. Cancelliamo questo mantra, tutto andrà …ma come non si sa.  Cancelliamolo per rispetto di quei 26.000 morti che non potranno raccontare questa brutta storia a figli e nipoti. Fiducia sempre nel futuro, con la speranza che l’esperienza ci faccia rivalutare i valori importanti della vita e ci renda più responsabili verso il pianeta che ospita noi e tanti altri essere viventi.

Lettere inviate dall’insegnante Rachele.

Impaginazione grafica: Veronica Montagnoli

Scritto da:

Claudia Farina

Giornalista e scrittrice, vive a Verona. Specializzata in stampa turistica, cultura del vino ed eresie medioevali, è direttrice della rivista Gardamore. Ha scritto articoli e libri inerenti il lago di Garda, l’Africa, il Medio Oriente e altri Paesi. Collabora con VeraClasse-Travel &Lifestyle Magazine e Food Travel Verde Gusto.
Fa parte di varie Associazioni tra cui Le Donne del vino; Wigwam (Rete associativa per lo sviluppo equo, solidale e sostenibile delle Comunità locali); Fidapa (Federazione italiana donne arti professioni affari ); Onav (Organizzazione nazionale assaggiatori di vino).
Ultimi libri pubblicati: “Sull’onda. Intrecci d’amore e di viaggio” Delmiglio editore; per Cierre Grafica ha scritto “Catari sul Garda. Maddalena l’apostola e il vescovo donna”; “La svolta nei racconti di dieci donne”; “Boni Homini. Sulle tracce dei Catari e di Maria Maddalena”; “Puri Cristiani. I Catari dal Piemonte alla Sicilia”.