
Tra mostre ugualmente belle e importanti, ce n’è qualcuna che più di altre muove interesse, sensazioni, ricordi, pensieri come onde alimentate da venti impetuosi. E’ il caso della mostra “Franco Angeli. Opere dal 1957 al 1977”, presso Studio La Città (Verona) di cui Helene de Franchis è titolare e direttrice, visitabile fino l’8 marzo. Impressiona osservare oggi certe opere di Angeli (Roma 1935 –1988) imperniate su una visione critica degli Usa anni ’70 del Novecento. Che cosa suggerirebbero, oggi, alla sua fine sensibilità di uomo e artista gli Usa di Trump e Musk?
La mostra nasce dalla collaborazione con l’Archivio Franco Angeli e Luca Massimo Barbero e ha potuto contare sull’intensa partecipazione di Maria Angeli (la figlia) e significativi prestiti di alcune prestigiose collezioni private. Emozionante il film di Franco Angeli (omonimo nipote), prodotto da Luce Cinecittà, dedicato alla vita e all’opera dell’artista, esplorate attraverso visioni intime e personali con materiali inediti, filmati, foto e opere. Vive e brillanti sono le testimonianze di amici e familiari tra cui la figlia Maria (che conclude il film con una canzone), la moglie Livia e Marco Bellocchio, che danno l’idea, anche, del contesto culturale dell’epoca. Non erano tempi da “sonnambuli e impauriti” e Franco Angeli rappresentò con Mario Schifano e Tano Festa quel felice periodo della pittura romana nota come “I ragazzi di Piazza del Popolo”, non disgiunta dall’impegno sociale e politico.
Una trentina le opere esposte, alcune inedite: dalle carte provenienti dall’Archivio alla grande cianografia di oltre 4 metri intitolata “USA Army” del 1966; dall’”Abbraccio Eterno” a uno degli “Half Dollar” (1967) alla carta “Senza Titolo” degli stessi anni, fino a “Felis Regalis” del 1970, “Rottura a sinistra” della metà degli anni ’70 e alla “Gabbia Capitolina” del 1977. La presentazione della mostra ci parla della vita e delle opere dell’artista, di cui riporto una sintesi.
Gli anni tra il 1957 e il 1977 sono gli anni che dalla formazione di Angeli, quasi completamente autodidatta, attraversano il periodo più intenso della sua produzione – la presenza alla XXXII Biennale di Venezia è del 1964 -, per arrivare fino alla fine degli anni ’70. Nel 1957, folgorato dagli affreschi di Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto, città dove assolveva al servizio militare, combatte la solitudine di quel momento e disegna “i particolari degli affreschi (…) perché ero come affascinato dalla loro capacità di evocare immagini inquietanti”.
Nella prima parte dell’esposizione, testimoniano il suo primo periodo una serie di olii su carta applicata su cartoncino e non, che provengono dall’archivio Franco Angeli. Sono studi, opere di piccole dimensioni, perlopiù inedite. “Senza titolo” (Milano), a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 è un’opera a matita, acquerello e smalto su carta contraddistinta da una delle emblematiche macchie rosse. Sulla parete di fondo della sala campeggia la scenografica tigre di “Felis Regalis” del 1970, un’opera realizzata su due carte con tecnica mista.
Nella seconda parte dell’esposizione ci accoglie la grande Cianografia di 4 metri realizzata a quattro mani con Pino Pascali nel 1966, nella quale campeggiano simboli ricorrenti nelle sue opere: una mitragliatrice, elmetti, le stelle e la scritta USA ARMY.
È il periodo in cui Angeli elabora una sua simbologia: il dollaro, l’America, sono emblemi che inizialmente identificavano (dopo i feroci anni della guerra) un primo pensiero rivolto all’idea di libertà (gli americani liberatori, il dollaro come benessere, etc), ma poi assumono le vesti del potere, della guerra, della violenza che l’artista ha sempre combattuto. Nulla dunque a che vedere con la Pop Art americana. A tale proposito Angeli stesso dichiara in uno scritto autobiografico: “Ritengo di non aver mai dipinto un quadro nello spirito Pop, malgrado a distanza di venticinque anni continua a perseguitare superficialmente il mio lavoro (..)”. Nel 1968 l’artista e amico Tano Festa gli scrive infatti così: “Ci hai mostrato lo splendore e la minacciosità di quella moneta [il dollaro appunto], l’insidia e la falsità e un possibile riscatto del futuro. Quindi a tuo modo anche tu sei un vietcong, fai la tua privata e silenziosa battaglia contro l’America oggi”. Le opere Half Dollar esposte nella sala a questo rimandano.
La grande Gabbia Capitolina del 1977 approfondisce ulteriormente la questione simbolica del potere; da un lato rimanda, attraverso alcuni emblemi di Roma come l’aquila, alla memoria di monumenti frequentati nella visione quotidiana della città, al contatto della strada dirà lui, e dall’altro alla critica dell’aspetto retoricamente celebrativo della potenza, appunto, città eterna.
Svolta a sinistra e Abbraccio eterno è un’opera legata ad un ulteriore ambito della produzione artistica che fa riferimento all’impegno politico e ai temi della lotta contro la violenza.

Biografia di Franco Angeli
Franco Angeli nasce a Roma il 14 maggio 1935 in Via dei Piceni nel quartiere di San Lorenzo. Inizia a lavorare giovanissimo per provvedere alla madre malata, prima ai magazzini e poi in una tappezzeria e in una carrozzeria, apprendendo l’utilizzo dei tessuti, delle sagome e dei ritagli, che riporterà nelle sue opere.
Inizia a dipingere nel 1957, quando parte militare per Orvieto, prima di tornare a Roma ed entrare in contatto con lo scultore Edgardo Mannucci, amico di Alberto Burri, che gli permette di conoscere la matericità consunta dei Catrami. Questi primi anni sono anche segnati dalla militanza nel Partito Comunista, dal quale però si allontana dopo l’invasione dell’Ungheria, dimostrandosi più vicino alla sinistra extraparlamentare e ai movimenti maoisti. Nel 1959, con Tano Festa e Giuseppe Uncini, esordisce a Roma presso la Galleria La Salita di Gian Tomaso Liverani, che nel 1960 gli dedica la prima personale, dove espone una serie di opere caratterizzate dall’uso di calze di nylon tese, garze e veli sovrapposti alla pittura a olio, simili a ricordi e ad assenze che Cesare Vivaldi descrive come “lagrime delle cose” (cat. mostra Galleria La Salita, Roma 1960).
Lo stesso anno partecipa come protagonista al primo cortometraggio di Mario Carbone Inquietudine, nel quale illustra la sua particolare tecnica pittorica. Nel 1963 espone nella collettiva 13 pittori a Roma alla Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis e nel 1964 ha una personale alla Galleria dell’Ariete di Milano, dove ritrae i frammenti della storia e le simbologie del potere, svastiche, croci, lupe e mezzelune, sintetizzando il carattere retorico e celebrativo dei reperti di una Roma eterna e capitale. Sono quei frammenti capitolini che presenterà nella mostra alla Galleria Arco d’Alibert a Roma nel 1964, dopo aver partecipato per la prima volta alla Biennale di Venezia. Nel 1966 partecipa alla IX Quadriennale di Roma e recita da protagonista nel film Morire Gratis di Sandro Franchina, incentrato sulle vicende della scultura Lupa capitolina e del viaggio in automobile per trasportarla da Roma a Parigi. Al 1967 risale il suo primo cortometraggio Giornate di lettura, cui seguirà una lunga attività di ricerca e commistione tra video, fotografia e arti visive testimoniata dai film Schermi (1968), New York (1969), Viva il Primo Maggio (1968), solo per citarne alcuni. Nel 1968 ha una personale alla Galleria La Tartaruga di Roma, dove espone una serie di opere con inserti metallici, griglie, frecce e pannelli che sembrano anticipare il muro ribassato dell’installazione Opprimente, realizzata per Il Teatro delle Mostre de La Tartaruga, la mostra che passerà alla storia per gli interventi di Giosetta Fioroni, Emilio Prini e Paolo Icaro, Pier Paolo Calzolari, Enrico Castellani, Paolo Scheggi, Mario Ceroli, Renato Mambor, Cesare Tacchi, Alighiero Boetti e Fabio Mauri, tra i tanti. Nel 1970 partecipa con Boetti, Bonalumi, Castellani, Fabro, Kounellis, Mauri, Paolini, Pascali, Pisani, Pistoletto, Zorio tra i tanti alla mostra Vitalità del negativo, a cura di Achille Bonito Oliva a Roma e nel 1972 alla Rassegna della Giovane Pittura Italiana a Genazzano. Appartiene a questi anni la serie di paesaggi Dagli Appennini alle Ande e Canto popolare delle Ande d’ispirazione geometrica, dedicata al golpe cileno dell’11 settembre del 1973.
Nel 1977 è alla Galleria dell’Ariete a Milano con una personale in cui espone una serie di opere dove il gesso si sostituisce al velatino, a ripresa dei muri ricoperti di scritte e simboli della capitale. Negli anni ottanta Angeli ripete nei suoi paesaggi il simbolo dell’aeroplano, rimando ai bombardamenti della seconda guerra mondiale ma anche alla strage di Ustica del 1980. Nel 1981 espone a Lecco nella mostra 30 anni di arte italiana 1950-1980 e l’anno seguente esegue le scene per l’opera Girotondo al Maggio Musicale Fiorentino. Nel 1984 inaugura una personale al Belvedere di San Leucio a Caserta. In questi anni le forme divengono stilizzate e lasciano affiorare guglie, capitelli e piazze romane deserte, come in «un senso grandioso e struggente di scavo durante il quale storia ed esistenza riemergono come perfetti ed inalterati solidi geometrici» (D. Micacchi, Franco Angeli. Quaranta smalti inediti, cat. mostra Salone Acquaviva, Belvedere di San Leucio, Caserta, 5-30 settembre 1984), di fianco al tema della “marionetta”, una sorta di autoritratto che sembra preludere alla fase finale della sua vita, che si conclude a Roma il 12 novembre 1988.
INFO Franco Angeli. Opere dal 1957 al 1977
Sede: Studio la Città, Lungadige Galtarossa 21, 37133 Verona
Orari lunedì 14 – 18 da martedì a venerdì 9 – 13 e 14 – 18
sabato 9 – 13 (su prenotazione entro il giovedì della stessa settimana)