Personaggi

Carla Tagliaferri architetta e pittrice

C’era una volta il romanzo di formazione, il Bildungsroman, il cui antenato nobile è il “Wilhelm Meisters Lehrjahre” di Goethe, pubblicato nel 1797. Il testo narra le vicende di un personaggio, che attraverso multiformi esperienze di vita giunge alla composizione armonica della propria personalità. Ogni storia ha un tempo e il tempo ha varie storie, segnate da vicende familiari, professionali e sociali. Delle proprie parla Carla Tagliaferri, architetta e pittrice, nata a Verona l’8 marzo 1933, nel suo ultimo libro “L’architettura di una vita. Una vita…un sogno…una realtà”, ovvero, “Una vita per l’architettura”, Arcolibri edizioni 2024. Giunta all’ultima pagina delle corpose, coinvolgenti 400 del testo, ho avuto la sensazione di avere tra le mani un libro di formazione, suffragata dal fatto che l’autrice ha vissuto da protagonista lo spirito del tempo novecentesco e continua a seguire con la consueta competenza e passione temi ambientali e associativi. Sta sulla scena con quell’innato I CARE che caratterizza anche oggi le sue battaglie per la salvaguardia dell’ambiente (il lago di Garda, per esempio), l’impegno nelle associazioni – è socia onoraria di Fidapa nazionale – e per l’empowerment femminile.
Narra con franchezza vicende personali e familiari, spiega lo sviluppo della soggettività creatrice, il coraggio di scelte socialmente controcorrente: essere architetto donna negli anni ’60 comporta salda determinazione, capacità e autorevolezza esercitate in studio, in cantiere e nelle aule universitarie. L’architettura è l’alveo in cui Carla Tagliaferri si realizza con successo, dalla tesi sperimentale alla IUAV alla progettazione di parchi, ville, giardini, case popolari, impianti sportivi e industriali. Professoressa universitaria alla Sapienza di Roma, ha coltivato amicizie con grandi personaggi in ogni campo del sapere e ha fatto tesoro di incontri speciali con personalità nell’ambito dell’architettura, dell’arte, della musica, della politica.
Eccezionali e inquietanti sono gli episodi riferiti al giudice Falcone e Aldo Moro, conosciuti di persona, e quelle strane coincidenze relative ai loro assassinii. Fatti, personaggi, riflessioni, esaltazione della bellezza, descrizione di paesaggi (Garda, Venezia e Roma soprattutto) sono inframezzati da citazioni ricorrenti che impreziosiscono il fluire del racconto. Con sincerità e leggiadria parla di sé e degli altri in una narrazione densa di contenuti e coinvolgente fino alle ultime pagine, dove si scorge il desiderio, che a dire il vero serpeggia in tutto libro, di lasciare messaggi di amore, impegno, solidarietà, bellezza, come categorie interpretative del reale e fili conduttori dell’esistenza. Talvolta il messaggio assume la forza di un appello a coltivare le arti e la cultura, più efficaci sul sociale di una fredda analisi politica, tanto più se libere da condizionamenti e omologazioni al mainstream.
Scritto in prima persona, il testo assomiglia ad uno specchio a due facce: da una parte riflette la biografia avvincente, ricca di episodi e aneddoti dell’autrice; dall’altra l’ambiente affettivo-antropico-economico- politico del suo tempo, che descrive in ogni forma di espressione, fisicità, relazioni umane e sociali.
Sempre con levità, narra tragedie storiche e dolori personali; particolare dedizione riserva alla sua casa di Garda, da lei progettata in ogni particolare come paesaggio dell’anima.
E’ un regalo, questo libro, a chi non smette mai di amare, agire, godere della bellezza.

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